Nero a metà 3, metamorfosi da puro crime a family crime completata: la recensione
La parte crime non manca, ma la terza stagione si concentra di più sul tema della famiglia allargata della serie, vale a dire quella sul posto di lavoro
Con Nero a metà 3, la metamorfosi della serie poliziesca di Raiuno può dirsi completata: da crime più attento ai casi di cronaca ed all’attualità a family crime ambientato in un Commissariato. Una critica? No, ma la scelta fatta in questi anni da sceneggiatori e produttori va inevitabilmente sottolineata.
Nero a metà 3, la recensione
Dopo una prima stagione in cui il tema portante era il rapporto tra i due protagonisti Carlo (Claudio Amendola) e Malik (Miguel Gobbo Diaz) e gli sviluppi derivanti da pregiudizi e difficoltà di integrazione, abbiamo ritrovato la coppia ormai rodata alle prese con nuove avventure nella seconda stagione, sempre più “familiare”.
Con la terza (il cui primo episodio è in anteprima su RaiPlay), la trasformazione è definitiva. Sia chiaro, Nero a metà mantiene il suo “crime core”, con casi di puntata sempre improntati alla cronaca, nel pieno rispetto del formato di genere. Ma è inevitabile osservare che le indagini, per quanto presenti in numerose scene, sono ormai una delle tante sfumature date alla serie, che sfrutta il potenziale comico del proprio cast per offrire al pubblico qualcosa di meno duro e di più soft.
Claudio Amendola in primis, ma anche Fortunato Cerlino, Alessandro Sperduti, Angela Finocchiaro e le new entry Gianluca Gobbi, Caterina Guzzanti ed Adriano Pantaleo sono evidentemente portati per la commedia: e proprio su questo la serie gioca ed intrattiene il pubblico, rafforzando la sua vena più leggera, ancora più rispetto che alle prime due stagioni.
Ne viene fuori una serie collaudata, nel pieno rispetto della mission della tv generalista, che deve saper rinnovarsi, sì, ma anche ricordarsi di offrire al proprio pubblico storie e personaggi facilmente riconoscibili. E Nero a metà rientra tra quelle produzioni che, seppur giovani, hanno saputo da subito inserirsi dentro il palinsesto della prima rete trovando il giusto equilibrio tra la novità ed il rispetto del canone di genere.
Abbiamo scritto che la serie è sempre più “familiare” nella sua impostazione: ecco, l’aver creato nel corso degli episodi una famiglia non convenzionale, su un posto di lavoro, con colleghi e colleghe che diventano come fratelli, sorelle o cugini e cugine, ma anche zii e zie, rende Nero a metà godibile anche a chi non è particolarmente amante del genere. Ed a Claudio Amendola va il ruolo del Commissario/patriarca, che tiene le fila ancora di più quest’anno, anche nei panni di regista.
I primi sei episodi della serie sono stati infatti diretti dal regista, alla sua prima esperienza dietro la macchina da presa per una lunga serialità. L’esperienza accumulata negli anni gli ha permesso di fare un ottimo lavoro, dando ai suoi colleghi i giusti spazi (e silenzi) per far respirare i propri personaggi e non dimenticandosi dal lavoro fatto dai registi passati.